Quando le corti non parlano...
di Elia Pirone
La sentenza della Corte europea dei Diritti dell’Uomo ha suscitato in Italia un’aspra polemica circa il ruolo ricoperto dal cattolicesimo e dal simbolo del Crocifisso all’interno del tessuto sociale nazionale contemporaneo.
Subito dopo la sentenza, è entrato in azione il solito coretto laicista che, a furia di applaudire la tanto agognata sentenza, ha ottenuto il risultato di spellarsi le mani, mentre cantava le lodi della laicità e gli inni di quella melassa odiosa che è il buonismo relativista, antitesi dello spirito critico e del buon senso.
Ma ovviamente nessuno di questi professoroni si è accorto di quello che è successo in India pochi giorni fa. E forse neppure noi cattolici abbiamo prestato la dovuta attenzione a un fenomeno preoccupante e terribile che si sta verificando nel Paese il cui capo del governo è Manmohan Singh. Il 17 novembre un gruppo di radicali indù ha attaccato, con la complicità delle tenebre, come si conviene ai ladri (di libertà), la Beersheba Church of God di Humanabad, nel distretto Biden, Stato del Karnataka.
Alle 3, il gruppo di fanatici ha fatto irruzione nella chiesa distruggendo le porte di ingresso, le finestre, gli arredi e la croce posta sulla sommità dell’ edificio. I fedeli hanno poi denunciato l’accaduto alla polizia e ai media. Denuncia a cui il commissario Sathish Kumar ha risposto assicurando rapide indagini e la cattura dei responsabili entro tre giorni. Purtroppo simili episodi gravi sono molto frequenti in India. Basti pensare che questo è il 56° attacco registrato contro una chiesa cristiana.
Il presidente del Global Council of Indian Christians (GCIC), Sajan George, non ha fatto mancare la sua condanna e ha affermato che “l’ondata di incidenti contro i cristiani sta aumentando”. Incidenti che riflettono “una crescente intolleranza religiosa”. Non solo, aggiunge anche che “il governo sta fallendo nel suo dovere di proteggere le minoranze cristiane e tenere a bada i radicali indù”
56 attacchi ai cristiani dall’inizio del 2009. E nessuna corte ha qualcosa da dire…