L'incubo sociale - la paura come arma elettorale
di Elia Pirone
“Beato quel
popolo che non ha bisogno di eroi”
(B. Brecht)
Un tempo i popoli vivevano con i loro eroi (quasi) sempre presenti nella vita di tutti i giorni. O, perlomeno, questi ultimi penetravano prepotentemente nell’immaginario collettivo (agendo sulle coscienze) quando venivano tirate in ballo questioni sentite come “elevate”, degne del massimo interesse, per le quali era necessario avere un punto di riferimento inossidabile.
Ma cos’è un eroe? O meglio, che relazioni intercorrono tra Stato ed eroe diventato quindi, volente o nolente, “nazionale”? Quasi sempre l’eroe non è altro, politicamente parlando, che uno strumento nelle mani di un regime (democratico o autoritario, poco importa) che, spesso e volentieri, non se ne serve solo per manipolare le coscienze dei singoli e il comune sentire politico-sociale, ma anche per dare vita a vere e proprie infatuazioni, allucinazioni collettive. Le quali sono l’arma più potente di qualsiasi “potere” organizzato che, grazie ad esse, assurge al ruolo di continuatore (o restauratore) di quella che era la società ideale che rifletteva le caratteristiche dell’eroe in questione. O addirittura il “potere” che per la prima volta applica – o tenta di applicare – il pensiero sociale dell’eroe.
Inutile aggiungere che questo procedimento “logico” può essere incarnato e ritenuto accettabile anche presso poteri” (o contropoteri) non dominanti all’interno di un contesto sociale nazionale.
Oggi si tende ad applicare il procedimento opposto: non si sente più l’esigenza di offrire al popolo (se non in particolari situazioni ritualistiche comunque limitate dal punto di vista temporale, quindi poco influenti) una figura che incarna la quintessenza del bene (o comunque montata in modo tale che la gente creda ciò…), meglio ancora se calata in un contesto ad essa “favorevole”, ideologicamente “fertile” e congeniale alla impostazione del “potere” in questione.
La società è cambiata, o forse è cambiato il modo di cambiare la società, se mi è concesso il gioco di parole. Rimane il fatto che, oggi come oggi, il discorso che “prende” maggiormente è quel discorso che, meglio degli altri, strappa con violenza la tenda della finestra che dà sul giardino degli incubi comuni.
Il discorso migliore anche (e soprattutto) in termini elettorali, è quel discorso che riesce a porre in comunicazione il popolo con le sue peggiori ossessioni. A patto che queste rimangano comunque a “distanza di sicurezza” e non si concretizzino mai, proprio perché a monte non c’è una volontà che potremmo definire “didattica” nel senso più enciclopedico e neutro del termine, ma un progetto volto a “demonizzare (e a scongiurarne non solo l’avvento, ma anche il più elementare confronto razionale e civile) il demone”, o almeno ciò che è ritenuto – a torto o a ragione – demoniaco.
Un po’ come sta facendo in questo momento Silvio Berlusconi, il presidente del Consiglio più indegno degli ultimi 150 anni, che proprio oggi ci ha “deliziati” con l’ennesima sparata. “Sono un presidente super” – ha detto il nanetto in preda alle manie di grandezza – aggiungendo di essere uno “con le palle” perché se ne frega dei giudici. Giudici chiaramente facenti parte del “lato oscuro” del nostro Paese, dato che si sono messi in testa di “comandare l’Italia” a discapito del governo eletto dal popolo. Chiaro? Tutto torna, in effetti.
Berlusconi è un convinto anticomunista (non sappiamo se per convenienza o altro…) che governa l’Italia. Il suo governo è inevitabilmente buono e giusto perché tutto ciò che è anticomunista e buono e giusto, nell’ottica berlusconiana che ci giunge continuamente all’orecchio per mezzo dei sacerdoti del berlusconismo mediatico. I giudici NON fanno (badate bene) il loro lavoro.
Loro NON cercano di far rispettare il principio costituzionale dell’eguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge. NO. Loro cercano solo di destabilizzare il governo nella figura del presidente del Consiglio. E chiunque ostacoli il premier non può che essere comunista, naturalmente. Dunque i giudici sono comunisti e quindi brutti e cattivi.... Di più: sono espressione (non si sa in che modo) di quella sinistra battuta alle elezioni. Una sinistra rancorosa e pronta a tutto pur di abbattere il governo del bene…Potrei concludere questo intervento con l’espressione latina “mala tempora currunt”, ma preferisco riflettere sulla massima del comunista Brecht, capovolgendola in “beato quel popolo che non ha bisogno di incubi” per andare avanti.
O indietro?