Elogio della follia (ovvero: elogio di Fini)
di Elia Pirone
Per elogiare il presidente della Camera, Gianfranco Fini, oggi, una persona deve essere come minimo folle. La vicenda personale del fondatore di AN è ricca di svolte, ravvedimenti, tradimenti, o come li volete chiamare. Basta sapere il minimo indispensabile. Fini è stato il delfino di Giorgio Almirante – uno dei fondatori del MSI (del quale chiunque conosca la storia politica degli ultimi decenni conosce l’impostazione) e suo più grande leader.
Cosa, questa, che lo consacrò in seguito segretario del partito. Poi, nel 1995, ecco la svolta. Il Movimento Sociale ha esaurito la sua funzione, deve morire per permettere la nascita di un movimento nuovo, più “moderno”, aperto ad altri influssi politico-culturali, capace di incrementare il target elettorale. Nasce AN.
E da qui, una lunga serie di strappi, dall’ormai celeberrimo “fascismo male assoluto”, al diritto di voto per gli immigrati (con i relativi insulti a quegli “stronzi” che li ritengono diversi), passando per la tutela delle coppie di fatto etero e gay e tanto altro.
Nel frattempo anche AN è bella che defunta, in favore di un progetto ancora più incolore: il Popolo della Libertà, il partito nel quale Berlusconi si illudeva di poter far entrare i cugini aennini.
Si illudeva, appunto. Perché oggi la situazione è molto diversa da come se la immaginava il premier. Con un Fini ribelle e restio a sottomettersi, il PDL sembra diventato un’autentica polveriera, pronta ad esplodere soltanto quando il presidente della Camera ne avrà voglia.
Fini, si sa, è così: un camaleonte di professione. Prima dice che non confluirà nel PDL, poi accetta di farlo. In seguito recita la parte del separato in casa, della mente critica isolata e assediata dai colleghi di partito. Un grande attore. Un grande e folle attore. Sì, perché oggi Fini non può che essere definito un matto, per le sue infinite giravolte “ideali” (se di ideale finiano si può parlare…) e politiche.
Eppure, essendo alla frutta, noi comuni mortali che viviamo la politica di palazzo da semplici spettatori e, al massimo, da cronisti critici ci vediamo costretti a tifare un matto. Perché questo matto è, paradossalmente, l’individuo più credibile (nella sua incoerenza di fondo) del panorama politico italiano. E’ tanto folle da essere savio.
Beninteso, Fini non è coerente di per sé: quella che è la sua attuale “coerenza” è un qualcosa di autoimposto, finalizzato a una ben precisa logica: divenire il prossimo presidente del Consiglio. Di sinistra. Perché di fatto, ora, lo è.
Ebbene, pur avendo come fine ultimo un nuovo orizzonte di potere, il presidente della Camera riesce a darci (relativamente) soddisfazione.
Perché non dà tregua all’alleato-avversario Berlusconi, che si vede punzecchiato, incalzato e messo sotto pressione dai continui appelli finiani su giustizia, moralità, etica, pacatezza (quella non tanto, ultimamente…) e via dicendo.
Perché è una persona scomoda che fa la gioia nostra e dell’opposizione, mettendo in luce le magagne del presidente del Consiglio.
Perché spesso la sua è una opposizione più dura di quella di alcuni esponenti del PD.
Lui, ex almirantiano, ex neofascista, ex fautore della destra moderna, ex tutto.
Fini è Fini. Il matto più sano della politica italiana. E allora, forza Gianfranco, verrebbe da dire…